IL PRIMO GIORNO 25 ANNI FA: INSIEME PER UN MESE COME VOLEVA PIA

Intervista a Letizia Borin a cura di Pietro Coerezza

Durante la festa del 25esimo anniversario dalla nascita di Sim-patia abbiamo incontrato Letizia Borin, operatrice, protagonista e testimone fin dal primo giorno, a cui abbiamo rivolto alcune domande.

2 maggio 1999, raccontaci il primo giorno qui a Sim-patia.
Il primo giorno e anzi, il primo turno è stato il 2 maggio 1999 nel pomeriggio.
C’erano due ospiti arrivati in tarda mattinata, poi è arrivato Gigi (una persona a cui sono rimasta legata), e un altro ospite.
Siamo rimasti un mese come voleva Pia Pulici perché ci integrassimo tutti, i quattro operatori socio sanitari con i quattro ospiti, perché nessuno di noi aveva lavorato con i disabili. Meraviglioso. Bellissimo.

La voce di Letizia è squillante, serena e piena di energia, giovanile.
Poi nell’arco di tre mesi siamo arrivati a otto ospiti.
Non essendoci la piscina, ne altri spazi , la struttura era proprio loro e per loro.
Si alzavano quando volevano. Alcuni ospiti erano attivi (due di loro invece in coma) per cui c’era una relazione intensa. Tante storie… Per esempio un ragazzo che ora non è più qui e che si è trasferito a Verona, giocava ai cavalli e a turno la sera lo portavamo.

Come è cresciuta questa realtà?
Sono passati 25 anni, e lavoro ancora qui.
Dopo un anno eravamo arrivati ad aprire il terzo piano, sedici persone.. poi dal secondo anno si è riempito tutto con ventotto ospiti fissi.

E la relazione con gli ospiti?
Qui non é come in ospedale, li vedi tuti i giorni. E loro aspettano te perché si instaura un rapporto personale intenso: “quando hai finito il turno?… Quando vieni?”…
Poi pian piano con la nuova direzione la realtà e l’organizzazione è cambiata e cresciuta, il lavoro è cambiato, anche in relazione alla piscina,  con nuove regole di vita e convivenza: ognuno fa fisioterapia, e ognuno è impegnato come può e quando può, lavorando, facendo attività.
Nicola – bravissimo – grazie alla tecnologia permetteva e permette alle persone di comunicare magari utilizzando solo gli occhi o una mano… : usavano e usano il computer, facevano ricette… impiegavano il tempo in modo vitale insomma.
Ognuno inoltre, grazie alla tecnologia, se vuole può dal proprio letto chiamare, grazie a sistemi appositamente sviluppati per ciascuno.
Ognuno ha il suo spazio di autonomia per come è possibile.

Forse è una domanda un po’ intima…hai voglia di fare tre nomi di ospiti, tre persone a cui sei rimasta legata?
Ahhh io li ho cosi amati… tanti. Davvero.
Gigi è rimasto con noi 10 anni! Lui era consapevole della sua malattia.. quindi ha fatto molte scelte consapevoli… si era separato.. e ha accettato tutto fino alla fine.. avvenuta 3 giorni prima dei 50 anni. Ho un ricordo molto bello, ho imparato molto dalla persona che ho incontrato il mio primo giorno di lavoro qui.
E poi Renzo! Che da pochissimo non c’è più. Vissuto qui per 24 anni… Renzo era il classico che faceva il burlone, rideva sempre, cercava un contatto.
E poi ancora Carla, portata da Pia. Si alzava poco dal letto ma noi usavamo i cuscinoni per farli star bene…
Sì…

I ricordi si sovrappongono, si capisce che sarebbero molti altri i nomi…
Sì c’era da lavorare molto.
Io se torno indietro faccio solo questo… Ho lavorato prima dagli anziani, ai tempi non c’erano strutture così. Bisognava scoprire, provare. Per esempio, all’inizio c’era lo psicologo che ha scelto me come ragazza diversa dagli altri sia come esperienza sia come età, l’idea era di mescolare i saperi e le sensibilità…

Tre parole per dire questo posto?
Ehhh.
Allora la prima mi da dispiacere: pensione! Al massimo il prossimo anno devo andare in pensione. Non so come fare, sono molto legata a questo lavoro e a questo posto… sto cercando e sperimentando anche opportunità per fare volontariato.
La seconda parola è una parola per gli operatori che arriveranno: avventura.
II messaggio per me è: prendi questo lavoro come un’avventura. Un’avventura quotidiana. Qui non è come imbottigliare la coca-cola, questo lavoro lo devi sentire… Loro hanno bisogno di relazione… anche fisica.
Ecco le ultime parole: relazione e intimità… Fisicamente loro magari parlano poco bene ma poi li capisci. E loro capiscono te.  Loro capiscono te!
Tante volte entri in stanza e dici buongiorno e loro ti chiedono “cos’hai?” L’ho provata io sulla mia pelle. “Nulla” dico io, ma loro capiscono…
Poi intimità… con il fatto che occorre occuparsi anche dell’igiene personale, lavarli, è importante subito instaurare una relazione a livello intimo. Subito ci deve essere una connessione intima.
Magari durante i lavaggi si lavora in coppia, si rende più naturale possibile la situazione. Penso che sia molto difficile per gli ospiti affrontare il tema dell’intimità, sentirsi mettere le mani addosso da persone inizialmente estranee… per questo la relazione è cosi importante.

A Letizia, non porgo altre domande, è lei che vuole sottolineare ancora quanto sia legata a questo lavoro.
Comunque, io se torno indietro rifaccio questo lavoro ma 100 volte. Io ho lavorato con gli anziani, prima ancora che esistessero figure come OSS e ASA. Con gli anziani andavo in crisi… pensavo sempre che sarei diventata anche io presto anziana… invece lavorare con le persone disabili richiede un approccio diverso, legato alle possibilità del tempo presente.